domenica 28 ottobre 2007

TUTTO SULLA L.104/92

Testo della Legge
I PERMESSI LAVORATIVI: LA RETRIBUIBILITA'
I permessi lavorativi sono stati istituiti nel 1992 dalla Legge 104.

Il primo problema interpretativo in ordine di tempo è stato proprio quello della retribuibilità di tali benefici lavorativi.
La prima precisazione, ovvia ma al tempo stesso strettamente necessaria, è avvenuta infatti un anno e mezzo dopo l'approvazione della Legge 104.
La Legge 27 ottobre 1993, n. 423 ha dovuto specificare che quei permessi sono retribuiti.
Altri sette anni e la Legge 8 marzo 2000, n. 53 ha chiarito che quei permessi sono anche coperti da contribuzione figurativa, cioè dai versamenti utili per il raggiungimento del diritto alla pensione.
Circa la retribuzione e la copertura figurativa non sussistono pertanto oggi problemi interpretativi.

I PERMESSI LAVORATIVI: GLI AVENTI DIRITTO
La norma originaria e principale in materia di permessi lavorativi retribuiti è la Legge quadro sull'handicap (Legge 5 febbraio 1992, n. 104) che all'articolo 33 prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità.

Principalmente ad occuparsi dei permessi lavorativi previsti dall'articolo 33 sono stati gli enti previdenziali (INPS e INPDAP, solo per citare i principali) emanando circolari ora applicative ora esplicative.
Non sempre le indicazioni fornite dai diversi enti sono fra loro omogenee.
È quindi innanzitutto necessario riferirsi sempre alle indicazioni fornite dall'ente di riferimento.
Nella sostanza, un assicurato INPS non può far valere le disposizioni previste dall'INPDAP o da un altro ente previdenziale e viceversa.
Al tempo stesso, per fare un esempio, il responsabile del personale di un ente pubblico non può applicare le disposizioni impartite dall'INPS (settore privato), ma deve rifarsi esclusivamente alle istruzioni del proprio ente previdenziale.
Ad occuparsi di queste materie sono intervenuti, in alcuni casi, anche il Consiglio di Stato e alcuni Ministeri (Welfare, Funzione Pubblica, Tesoro) con pareri, circolari e indicazioni di servizio.
Su alcuni aspetti, poi, si sono pronunciati i singoli CCNL.
È ovvio, quindi, che il lavoratore finisca per essere disorientato o per incontrare difficoltà nell'ottenere risposte certe.
E nonostante questa massa di provvedimenti, alcuni aspetti rimangono ancora controversi e insoluti.
CHI NE HA DIRITTO

È innanzitutto necessario comprendere chi siano gli "aventi diritto", cioè quali siano quei soggetti che possono richiedere l'accesso ai permessi.
È da far notare subito che gli aventi diritto ai permessi lavorativi non sono gli stessi che possono anche richiedere i due anni di congedo retribuito.
Per quella seconda agevolazione la normativa è infatti (per ora) molto più restrittiva.
Hanno diritto ai permessi lavorativi retribuiti, con diverse modalità, criteri e condizioni, la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre, entro i primi tre anni di vita del bambino; la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre, dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino disabile e poi a seguire nella maggiore età; i parenti o gli affini che assistono la persona disabile.
Il disabile deve essere in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992), rilasciato dalla Commissione dell'Azienda sanitaria.
Non sono ammessi altri certificati di invalidità.
Hanno infine diritto ai permessi lavorativi i lavoratori disabili in possesso del certificato di handicap grave.
I permessi spettano anche nel caso in cui i genitori siano adottivi o affidatari, in quest'ultimo caso solo nell'ipotesi di disabili minorenni.
L'affidamento infatti può riguardare soltanto soggetti minorenni (articolo 2, Legge 149/2001).
PRIMI TRE ANNI DI VITA

Entro i primi tre anni di vita del figlio con handicap in situazione di gravità, accertato dalla Commissione dell'Azienda Sanitaria, prevista dalla Legge 104/1992, la lavoratrice madre, o - in alternativa - il padre lavoratore, ha diritto a prolungare il periodo di astensione facoltativa già prevista dalla legge di tutela della maternità.
Il prolungamento dell'assenza facoltativa è coperto da contribuzione figurativa utile ai fini dell'anzianità di servizio. Inoltre, sotto il profilo retributivo, gode di un'indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione.
Se si sceglie di non fruire di questa opportunità è possibile usufruire di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
La concessione dei permessi spetta solo nel caso in cui il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato o in altro centro da questi benefici sono ancora escluse le lavoratrici autonome e quelle che svolgono la propria attività a domicilio o svolgono lavori domestici (Circolari INPS 24 marzo 1995, n. 80 punto 4 e 15 marzo 2001, n. 64 punto 2; Circolare INPDAP 27 novembre 2000, n. 49).
In caso di prestazione di lavoro inferiore alle sei ore giornaliere può essere concessa una sola ora di permesso.
DOPO I TRE ANNI

Dopo il compimento del terzo anno di vita del figlio con handicap grave, la madre, o in alternativa il padre, ha diritto non più alle due ore di permesso, ma ai tre giorni di permesso mensile, che possono essere fruiti in via continuativa ma devono essere utilizzati nel corso del mese di pertinenza.
La concessione dei permessi spetta solo nel caso in cui il disabile non sia ricoverato a tempo pieno.
È importante sottolineare che la Legge 8 marzo 2000, n. 53 (articolo 20) ha precisato definitivamente che i permessi lavorativi spettano al genitore anche nel caso in cui l'altro non ne abbia diritto.
Ad esempio, quindi, i permessi spettano al lavoratore padre anche nel caso la moglie sia casalinga o disoccupata, o alla lavoratrice madre se il padre è lavoratore autonomo.
Non spettano nel caso il richiedente sia impegnato in lavoro domestico o presso il proprio domicilio.


NOVITA'! I permessi giornalieri
previsti dalla Legge 104/92 per i genitori di figli di età superiore a 3 anni e
con handicap in situazione di gravità e per il lavoratore o la lavoratrice che
assiste un familiare o affine entro il 3° grado con handicap in situazione di
gravità,potranno essere frazionati in ore. E' quanto ha stabilito l'INPS,
accogliendo le indicazioni del Dicastero del lavoro.
Conseguentemente,
l'Istituto previdenziale ha dato istruzioni alle proprie sedi affinché,
con decorrenza 18 giugno 2007, accordino, se ve ne è richiesta, ai
lavoratori di cui sopra il dritto al frazionamento dei 3 giorni di
permesso retribuito mensile in permessi orari.

MAGGIORE ETA'

Dopo il compimento della maggiore età, la lavoratrice madre, o - in alternativa - il lavoratore padre, ha diritto ai tre giorni mensili a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva, cioè non siano presenti nel nucleo familiare altri soggetti in grado di prestare assistenza.
La concessione dei permessi ovviamente non spetta nel caso in cui il disabile sia ricoverato a tempo pieno.
Sia INPS che INPDAP hanno ripreso nelle loro circolari queste indicazioni.
In particolare l'INPDAP, dopo una indicazione di segno contrario, ha corretto le proprie precedenti disposizioni precisando che, anche in caso di maggiore età, i permessi vengono concessi anche quando l'altro genitore non lavora a condizione che vi sia la convivenza (Circolare 25 ottobre 2002, n. 22).
PARENTI E AFFINI

L'articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori del disabile grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992) dall'apposita Commissione operante in ogni Azienda Sanitaria.
È bene precisare che i permessi spettano ai parenti e agli affini entro il terzo grado di parentela e affinità.
La condizione è comunque che l'assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva, anche in assenza di convivenza, come precisato dalla Legge 8 marzo 2000, n. 53 (articolo 19).
È quasi superfluo precisare, anche se INPS e INPDAP lo hanno dovuto chiarire, che i permessi spettano anche al coniuge della persona con handicap pur non essendo né parente né affine.
Anche in questo caso la concessione dei permessi non spetta nel caso in cui il disabile sia ricoverato a tempo pieno.
I permessi non spettano inoltre nel caso il richiedente sia impegnato in lavoro domestico o presso il proprio domicilio.
PARENTI E AFFINI: CHI SONO?

Chi sono i parenti e gli affini entro il terzo grado indicati dall'articolo 33 della Legge 104/1992?
Il riferimento dobbiamo cercarlo nel Codice civile (articolo 74-78) che definiscono i concetti di parentela e affinità.
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite.
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.
Il meccanismo può apparire complesso.


Facciamo quindi qualche esempio.
Sono parenti di primo
grado i figli e genitori.
Fratelli e sorelle, nipoti (figli dei figli) e
nonni sono parenti di secondo grado.
Zii e nipoti (figli di un fratello o
una sorella) sono parenti di terzo grado.
I cugini sono parenti di quarto
grado, quindi non possono accedere alla fruizione dei permessi lavorativi.
Sono affini di primo grado il suocero, genero e nuora. Sorella e fratello
della moglie sono affini di secondo grado. La zia o lo zio della moglie sono
affini di terzo grado.
Il cugino della moglie o del marito è affine di
quarto grado ed è quindi escluso dai benefici lavorativi.

CONGEDI RETRIBUITI DI DUE ANNI
La Legge 388/2000 (articolo 80, comma 2, poi ripreso dall'articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151) ha integrato le disposizioni previste dalla Legge 53/2000 introducendo l'opportunità, per i genitori di persone con handicap grave, di usufruire di due anni di congedo retribuito.
L'articolo 3, comma 106 della Legge 350/2003 ha abrogato la condizione che imponeva, quale requisito per la concessione dei congedi retribuiti, che la persona disabile fosse in possesso del certificato di handicap grave da almeno 5 anni.
Permane invece l'altra condizione è cioè che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto.
Anche in questo caso, come per l'accesso ai permessi lavorativi, la condizione principale è che il disabile sia stato accertato handicappato in situazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992).
Non sono ammesse, a parte per i grandi invalidi di guerra e i soggetti con sindrome di Down, certificazioni di altro genere quali ad esempio il certificato di invalidità totale con diritto all'indennità di accompagnamento o frequenza.
Chi non dispone del certificato di handicap deve richiederne l'accertamento presso la segreteria della Commissione della propria Azienda Sanitaria di residenza e sottoporsi ad una nuova visita.
Se questo accertamento riconoscerà l'handicap grave (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992) si potranno richiedere i congedi retribuiti di due anni qualora ricorrano anche le altre condizioni previste.
CHI NE HA DIRITTO
La norma originaria prevede che i beneficiari potenziali del periodo di due anni di congedo retribuito siano i genitori, anche adottivi o affidatari, della persona con handicap grave e i lavoratori conviventi con il fratello o sorella con handicap grave a condizione che entrambi i genitori siano "scomparsi".
Successivamente la Corte Costituzionale, ha riconosciuto due eccezioni di legittimità costituzionale che hanno ampliato la platea degli aventi diritto.
Fratelli e sorelle:

la Corte Costituzionale, con Sentenza (8 giugno 2005, n. 233), ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità di fruire del congedo straordinario, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili.
I diretti interessati, cioè i fratelli o le sorelle di persone con handicap grave (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992) conviventi, possono quindi richiedere il congedo retribuito di due anni anche se i genitori sono ancora in vita.
La condizione è tuttavia indicata dalla stessa Corte: i genitori devono essere totalmente inabili.
Non è sufficiente quindi che i genitori siano "solo" anziani o "solo" invalidi parziali.
L'INPS, da parte sua, ha recepito le disposizioni della Corte Costituzionale con propria Circolare n. 107 del 29 settembre 2005, precisando che l'inabilità dei genitori deve essere comprovata da specifica documentazione da cui sia rilevabile lo stato di invalidità totale (sia essa civile, di guerra, per lavoro, servizio di pensioni di invalidità INPS o analoghe).
Coniugi:

la norma originaria esclude l'opportunità per il coniuge di fruire dei due anni di congedo retribuito.
Anche su questo aspetto è intervenuta la Corte Costituzionale (Sentenza 18 aprile 2007, n. 158) censurando questa esclusione e dichiarandone l'illegittimità costituzionale.
Afferma la Corte: "La norma censurata (…) esclude attualmente dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi, sulla base del vincolo matrimoniale ed in conformità dell'ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto (art. 433 cod. civ.) all'adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte; obblighi che l'ordinamento fa derivare dal matrimonio.
Ciò implica, come risultato, un trattamento deteriore del coniuge del disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine."Con queste premesse, viene dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 42, nella parte in cui non prevede la concessione dei congedi retribuiti anche al coniuge della persona con handicap grave.
Conseguentemente i congedi devono essere concessi anche al coniuge.
LA FRAZIONABILITÀ

L'articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 prevede che i periodi di congedo, al massimo due anni come già detto, possono essere fruiti in modo continuativo o frazionato.
Il beneficio è frazionabile anche a giorni interi.
Gli Istituti previdenziali non prevedono invece la frazionabilità ad ore.
Anche in questo caso, diverse sono le indicazioni degli Istituti previdenziali, soprattutto rispetto al calcolo dei giorni fruiti.
Le indicazioni INPS nella propria Circolare del 15 marzo 2001, n. 64 l'INPS ha precisato che, ai fini della frazionabilità stessa, tra un periodo e l'altro di fruizione è necessaria - perché non vengano computati nel periodo di congedo straordinario i giorni festivi, i sabati e le domeniche - l'effettiva ripresa del lavoro, requisito non rinvenibile nel caso di domanda di fruizione del congedo in parola dal lunedì al venerdì (settimana corta) senza ripresa del lavoro il lunedì della settimana successiva a quella di fruizione del congedo, e neppure nella fruizione di ferie tra una frazione di congedo e l'altra.
Le indicazioni INPDAP La Circolare 12 maggio 2004, n. 31 precisa che il congedo può essere richiesto anche in modo frazionato e che, in tal caso, è necessaria l'effettiva ripresa del lavoro tra un periodo di assenza ed il successivo.
LA RETRIBUZIONE, LE FERIE E LA TREDICESIMA

L' articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo n. 151/2001 prevede che questi congedi debbano essere retribuiti con un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione percepita e coperti da contribuzione figurativa ai fini pensionistici.
L'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo di 36.151,98 Euro annue per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2002, sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
L'indennità e il contributo figurativo vengono rapportati a mesi e giorni in misura proporzionale, se il congedo è richiesto per periodi frazionati. Su tale aspetto i vari enti previdenziali di riferimento si sono espressi con proprie circolari.
Le indicazioni INPS

La questione è affrontata dalla Circolare del 15 marzo 2001, n. 64.
L'indennità per il congedo viene corrisposta nella misura dell'ultima retribuzione percepita e cioè quella percepita nell'ultimo mese di lavoro che precede il congedo (comprensiva del rateo per tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi ecc.).
Nel caso di contratti di lavoro a tempo pieno, la retribuzione del mese preso a riferimento va moltiplicata per 12 e divisa per 365 giorni (366 se le assenze cadono in un anno bisestile), con un limite giornaliero che è rapportato al limite annuo previsto per legge (36.151,98 Euro rivalutati di anno in anno).
Se invece si fa riferimento ad un contratto di lavoro a part-time verticale, la retribuzione percepita nel mese stesso va divisa per il numero dei giorni retribuiti, compresi quelli festivi o comunque di riposo relativi al periodo di lavoro effettuato: la retribuzione giornaliera così determinata va raffrontata con il limite massimo giornaliero che è rapportato al limite annuo previsto per legge (36.151,98 Euro rivalutati di anno in anno, a partire dal 2002).
Essendo questo tipo di congedo frazionabile anche a giorni, l'indennità viene corrisposta per tutti i giorni per i quali il beneficio è richiesto.
Le indicazioni INPDAP

L'INPDAP affronta in problema nella propria Circolare del 10 gennaio 2002, n. 2.
Durante il periodo di congedo il richiedente ha diritto a percepire un'indennità, corrispondente all'ultima retribuzione percepita, cioè riferita all'ultimo mese di lavoro che precede il congedo, sempreché la stessa, rapportata all'anno, sia inferiore o pari al limite complessivo massimo di 36.151,98 Euro rivalutati di anno in anno cui viene commisurata la contribuzione figurativa. Nulla di particolare o specifico, nelle disposizioni INPDAP, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente.
Le ferie: Le indicazioni relative ai permessi lavorativi, che hanno precisato che questi non incidono negativamente su ferie e tredicesima mensilità, non riguardano purtroppo anche i congedi retribuiti di due anni.

La norma istitutiva non precisa nulla riguardo alla maturazione delle ferie nel corso della fruizione del congedo retribuito.
L'INPDAP ha previsto con chiarezza, nella Circolare del 12 maggio 2004, n. 31, che il congedo incide negativamente sulla maturazione delle ferie salvo indicazioni più di favore dei singoli Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
L'INPS, da parte sua, non dà alcuna indicazione in proposito.
La tredicesima mensilità
L'articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo n. 151/2001 prevede che l'indennità per il congedo venga corrisposta nella misura dell'ultima retribuzione ricevuta e cioè quella percepita nell'ultimo mese di lavoro che precede il congedo, comprensiva quindi del rateo per tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi ecc.
Tale indicazione è ripresa sia dall'INPS (Circolare 15 marzo 2001, n. 64, punto 4) che dall'INPDAP (Circolare 10 gennaio 2002, n. 2).
Nell'indennità mensile è quindi già compresa anche la tredicesima.
Il fatto che non vengano erogate tredici indennità mensili non deve quindi trarre in inganno.
INCOMPATIBILITÀ E ALTRE CONDIZIONI

La normativa vigente prevede esplicitamente che durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possano usufruire dei benefici di cui all'articolo 33 della Legge 104/92, cioè dei permessi lavorativi di tre giorni mensili.Per essere più espliciti: se uno dei due genitori sta fruendo del congedo retribuito di due anni, l'altro non può richiedere la fruizione dei permessi mensili di tre giorni.
La continuità e l'esclusività vi sono due soli casi in cui per l'accesso ai congedi retribuiti vengono richiesti i requisiti di
continuità ed esclusività dell'assistenza.
Il primo caso è quello in cui il figlio sia maggiorenne e non convivente con i genitori.
Il secondo caso è quello in cui i congedi vengano richiesti dai fratelli o sorelle conviventi con il disabile, dopo la scomparsa dei genitori o nel caso in cui questi ultimi siano inabili totali.
In entrambi i casi, il lavoratore deve dimostrare di assicurare l'assistenza in via esclusiva e continuativa.
Su tali concetti rimandiamo a quanto esposto nella parte relativa ai permessi mensili.

I permessi lavorativi e i lavoratori con handicap
La norma originaria e principale in materia di permessi lavorativi retribuiti è la Legge quadro sull'handicap (Legge 5 febbraio 1992, n. 104) che all'articolo 33 prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità.
Principalmente ad occuparsi dei permessi lavorativi previsti dall'articolo 33 sono stati gli enti previdenziali (INPS e INPDAP, solo per citare i principali) emanando circolari ora applicative ora esplicative. Non sempre le indicazioni fornite dai diversi enti sono fra loro omogenee.
È quindi innanzitutto necessario riferirsi sempre alle indicazioni fornite dall'ente di riferimento.Nella sostanza, un assicurato INPS non può far valere le disposizioni previste dall'INPDAP o da un altro ente previdenziale e viceversa.
Al tempo stesso, per fare un esempio, il responsabile del personale di un ente pubblico non può applicare le disposizioni impartite dall'INPS (settore privato), ma deve rifarsi esclusivamente alle istruzioni del proprio ente previdenziale.
Ad occuparsi di queste materie sono intervenuti, in alcuni casi, anche il Consiglio di Stato e alcuni Ministeri (Welfare, Funzione Pubblica, Tesoro) con pareri, circolari e indicazioni di servizio.
Su alcuni aspetti, poi, si sono pronunciati i singoli CCNL.
È ovvio, quindi, che il lavoratore finisca per essere disorientato o per incontrare difficoltà nell'ottenere risposte certe.
E nonostante questa massa di provvedimenti, alcuni aspetti rimangono ancora controversi e insoluti.
LAVORATORI CON HANDICAP

I lavoratori disabili, in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità, possono richiedere due tipi di permessi: un permesso pari a due ore giornaliere, oppure tre giorni di permesso mensile.
Il disabile deve essere in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992), rilasciato dalla Commissione dell'Azienda sanitaria.
Non sono ammessi altri certificati di invalidità.
Dopo una serie di pareri e sentenze di segno opposto, la Legge 8 marzo 2000, n. 53 ha definitivamente chiarito (articolo 19) che i due tipi di permesso non sono fra loro cumulabili, ma sono alternativi: o si usufruisce dei tre giorni di permesso oppure delle due ore giornaliere.
Per gli assicurati INPS una Circolare (n. 133/2000 - punto 1) ammette che la variazione da fruizione a ore a fruizione in giornate e viceversa possa essere eccezionalmente consentita, anche nell'ambito di ciascun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili all'atto della richiesta di permessi, esigenze che, peraltro, devono essere opportunamente documentate dal lavoratore.Indicazioni analoghe vengono fornite dalla Circolare INPDAP 9 dicembre 2002, n. 33: "Alcuni contratti collettivi di lavoro (es. art. 9, comma 3, del CCNL del Comparto dei Ministeri, stipulato in data 16.2.99) hanno introdotto, rispetto alla previsione normativa, l'ulteriore agevolazione della frazionabilità ad ore dei permessi a giorni, di cui al comma 3 dell'art. 33 della legge 104/92, allo scopo di consentire al personale beneficiario una più efficace soddisfazione dell'interesse tutelato.
Pertanto, sotto il profilo delle modalità di utilizzo, il dipendente non incontra alcun limite prestabilito.
È, quindi, possibile, eccezionalmente, nel caso in cui dovessero sopraggiungere esigenze improvvise, non prevedibili all'atto della richiesta dei permessi, variare anche nell'ambito di ciascun mese la programmazione già effettuata in precedenza.
Pertanto, nei casi in cui il dipendente intenda fruire nello stesso mese sia di permessi orari che di quelli giornalieri, si procederà alla conversione in giorni lavorativi delle ore di permesso fruite, che quindi andrà a ridurre il numero dei giorni di permesso mensile spettanti, previsti dalle specifiche norme contrattuali di settore. Solo un residuo di ore non inferiore alla giornata lavorativa dà il diritto alla fruizione di un intero giorno di permesso".
Anche in questo caso va ricordato che i permessi non spettano nel caso il richiedente sia impegnato in lavoro domestico o presso il proprio domicilio.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Sono in possesso di permessi handicap documentati volta per volta come accompagnatore di mia suocera, in quanto sono l'unico in famiglia munito di patente di guida mentre mia moglie e' casalinga. E' vero che adesso posso avere regolarmente i tre giorni di permesso senza documentarli volta per volta anche se mia moglie e' ripeto casalinga.

roberto ha detto...

sono un dipendente della polizia di stato che espleta sevizi d' ufficio e d' istituto,con ordine pubblico per manifestazioni sportive, religiose e politiche. con accompagnamenti stranieri in frontiera e collaboratori di giustizia e quant' altro,con una figlia diversamente abile in situazione di gravità, che, quando in casi eccezionali ha dovuto beneficiare della 104 anche nella mattinata stessa l' ufficio non ha mai negato tale diritto, ma ultimamente in via ufficiosa, mi hanno riferito che si dovrà documentare l' assenza ogni volta che la si chiede. ma come si fa a documentare un diritto "astratto" di una persona che vuole semplicemente stare con te? o che ha semplicemente bisogno del tuo supporto psicologico? o semplicemente passeggiare in tua compagnia nel parco della tua città? per forza di cose deve stare male per documentare l' assenza per 104. vi prego di rispondermi al più presto per far tacere l'"insensibilità".grazie

Patrizia ha detto...

ho la 104 e volevo sapere se ho diritto alle fatture l'iva del 4% intestate a me?
altrimenti mi potete dire i miei diritti per favore?
cordiali saluti

Unknown ha detto...

vorrei sapere se per la madre del mio convivente che è invalida al 100% (vive sulla sedia a rotella ed è quasi cieca) ho diritto alla legge 104
elisabetta